LA STRAGE DIMENTICATA: I CRIMINI DI GUERRA DEI PARTIGIANI TITINI SUI SOLDATI ITALIANI:
Per meglio comprendere le attività di controguerriglia e di rappresaglia della M.V.S.N. e del Regio Esercito nel teatro balcanico ci è sembrato opportuno riportare in questa appendice una piccola parte della documentazione sui crimini di guerra commessi in spregio delle leggi di guerra da parte dei partigiani comunisti di Tito. Ovviamente tale documentazione viene costantemente ignorata dai fustigatori dei crimini di guerra italiani, veri o presunti che siano.
Nell'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (AUSSME) sono raccolte testimonianze di barbarie commesse dai partigiani iugoslavi a danno dei prigionieri italiani, raccolte per disposizione del Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, Maresciallo d'Italia Giovanni Messe nel 1944-45. L'elenco dei crimini commessi dai partigiani slavi contro militari italiani, costituisce il fondo H8 Crimini di guerra, D/6 crimini commessi da jugoslavi dell'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore che vi consigliamo di visionare.
Tra le decine di testimonianze, citiamo come esempio quella del sergente maggiore Olinto Luisi:
Il 2 agosto 1942 in un attacco da parte di elementi partigiani ad una nostra autocolonna che trasportava internati civili a Fiume, venne ucciso il tenente cappellano Don Pettenghi Giovanni di Pavia, il quale, in adempimento del suo ministero, si recava ad un presidio militare del 311° reggimento di Fanteria. Il cappellano presentava parecchi colpi di pugnale nel petto e un colpo di arma da fuoco alla tempia, nonostante avesse ben visibile il segno della croce rossa sul petto della giacca.
Il 26 agosto '42 nei pressi di Cerquinizza (Sussak) vennero uccisi alcuni militari appartenenti al 5° Raggruppamento Guardia alla Frontiera. Tutti i militari vennero rinvenuti nudi ed in parte bruciati. Per rappresaglia vennero fucilati sul luogo alcuni partigiani, contemporaneamente rastrellati da una compagnia di arditi che si trovava a passare sul luogo a distanza di una decina di minuti. Nel testo si fa menzione della morte del cappellano del 311° Fanteria Casale. Nel corso della stessa azione rimase gravemente ferito da un proiettile esplosivo Francesco Pracucci, una camicia nera scelta cesenate del battaglione Squadristi Emiliano; quando un suo camerata lo esortò a ritirarsi per farsi medicare, rispose fieramente: "Me an toran in drì!" ovvero "Io non torno indietro!" e, tamponata alla meglio la ferita con i lembi della camicia nera, si lanciò all'arma bianca contro le postazioni dei partigiani. Venne ferito una seconda volta e cadde svenuto sopra un mitragliatore nemico. Fu catturato e legato ad un palo dai titini. Per tutta la notte Pracucci venne torturato e le sue carni mutilate con il suo stesso pugnale. Fu accecato ed evirato, ebbe mozzi naso e orecchie, venne finito solo all'alba dagli infami comunisti iugoslavi.
Venne decorato con la Medaglia d'argento alla memoria: "Durante un aspro combattimento contro forze ribelli, ferito gravemente, rifiutava ogni soccorso e medicandosi sommariamente da solo, persisteva nella lotta. Esaurite le munizioni si lanciava alla baionetta contro le postazioni avversarie. Ferito nuovamente e catturato dai ribelli spirava, dopo aver sopportato stoicamente crudeli torture" -Dalla relazione del Generale d'Armata Mario Roatta, comandante della 2a Armata. In maggio 1942 nella zona di Lastva ( Trebinje) formazioni alle dipendenze di certo Sava Kovacevic martoriarono e seviziarono i militari italiani della colonna del tenente colonnello Raffaelli. Principale autrice di tali scempi risultò essere stata certa Vukosova Sakotic già maestra elementare a Lastva in Montenegro. Essa, dopo essere stata catturata, fu accusata da tale Petrovic di Viluse, che produsse una documentazione fotografica di evirazioni e dei crimini compiuti dalla Sakotic su elementi italiani e cetnici. La Sakotic confessò: nella zona di Mosko, nell'estate del '42 furono recuperate salme di militari del 4° Bersaglieri della scorta del Generale Amico i cui resti ( crani fracassati, membra mutilate ecc.) dimostravano che essi erano stati vittima di sevizie. Dette salme riposano ora nel cimitero di Bileca e portano la scritta "Soldati Ignoti" avendo i partigiani asportato con il vestiario anche ogni oggetto che potesse farli identificare.
Sempre in Erzegovina e in detta estate 1942 16 soldati italiani furono evirati da una giovane donna, studentessa di medicina, sorella di un capo locale, nel villaggio di Zcork (zona Liubromir-Stlad) a 3 chilometri circa dal paese il 13 settembre 1942 furono recuperate 23 salme di camicie nere impalate.
Attese il recupero delle salme il tenente Scortacagna Luigi, il cappellano della 10a Legione e un gruppo di cetnici di Bileca. Il 19 ottobre dello scorso anno, lo stesso ufficiale rinviene a Prozor le salme di un ufficiale e due soldati italiani anch'essi impalati. Alla riesumazione dei corpi erano presenti anche il tenente medico dottor Carugo del 259° Fanteria e un altro ufficiale a ciò delegato dal Generale Chersi.
Si noti bene che i fatti citati non sono avvenuti all'inizio, ma dall'estate e autunno del 1942, ossia quando le formazioni ribelli avevano assunto un'organizzazione quasi regolare coadiuvato dal supporto da Mosca di Stalin.
Queste immagini sono state pubblicate, nella loro veste più autentica, quale testimonianza di un periodo e di una realtà umana e politica che, al di là ed al di sopra di ogni passionalità e di ogni faziosa valutazione fanno parte della storia italiana e non devono essere dimenticate.
-Mattarella "il traditore mafioso" figlio di un uomo d'onore con il suo omologo sloveno Borut Pahor il 13 luglio 2020 a Basovizza , commemorando 4 antifascisti membri dei Tigr, che probabilmente compivano i massacri sopracitati.
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